“8, 9, 10″ Numeri, non voti!

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manziAlberto Manzi, il 7 giugno 1975, al termine dell’anno scolastico 1974/1975 scriveva “Motivi per i quali l’insegnante non usa classificare gli alunni”. Leggere alcuni passaggi di questo documento mi ha fatto ancora una volta riflettere sul valore del valutare.

Condivido molte delle idee del Maestro Manzi, oltre a quelle di altri grandi, come Don Milani, Lodi, Zavalloni, Freinet. La valutazione – nodo focale della programmazione didattica – dovrebbe, a mio parere, servire ai docenti per comprendere se il metodo, le modalità e i contenuti utilizzati sono adeguati ai bambini. Quindi utilizzare i voti  classificando e omologando i saperi ritengo sia un grave errore.

Come posso equiparare – considerando che ognuno ha “punti di partenza” differenti – gli sforzi, ma anche i successi, la motivazione, la progressione negli apprendimenti? Come posso far capire ai genitori – che confrontano “numeri” – che ogni bambino è diverso dall’altro? manzi2

Non so dare risposte a queste domande e “dovendo” adeguarmi – mio malgrado – al sistema, mi piego alle “norme”. Vorrei solo avere il coraggio dei Maestri che ho citato e ribellarmi al sistema… Per ora mi limito a scrivere accanto ai voti la formula “Fa quel che può, quel che non può non fa”.

Ecco il testo di Manzi:

“Classificare dando una votazione o un giudizio di merito comparativo, a livello di scuola dell’obbligo, nel pieno sviluppo evolutivo, nel primo impatto e nel successivo adeguamento e nelle ricerche di strutture per una vita associata “migliore”, significa voler dimenticare che la scuola è tale solo se insegna a pensare, solo se aiuta a immettersi con libertà nella società.

Classificare significa impedire un armonico sviluppo intellettivo, rispettoso dei tempi di crescita individuali; significa impedire un apprendimento cosciente, che nasce, cioè, da un continuo osservare, ragionare, discutere sulle cose; ricerca, questa che non è mai priva di errori, di incompletezze. Ora se si classifica, l’errore l’incompletezza suscita “terrore”, per cui si tende ad evitare la causa del terrore copiando, imparando a memoria definizioni fatte da altri ecc.

Classificare, pertanto, significa obbligare ad accettare definizioni stabilite, pertanto impedire il ragionamento, rendere tutti simili al modello prefisso, significa educare alla menzogna e alla falsità.

Classificare significa ancora educare alla divisione classista (bravi, più bravi, meno bravi, ecc.), significa selezionare, distruggere la personalità.

Classificare significa, purtroppo, distruggere il senso della comunità, dove ogni individuo deve imparare a vivere dando il meglio di se stesso non per lucro (ed anche il voto è lucro) ma nell’interesse della comunità stessa e per il piacere personale che deriva dalla scoperta e dalla conoscenza.

Per tutti questi motivi non ho mai classificato nessun alunno e nessun lavoro degli alunni; né intendo classificare ora le capacità acquisite durante un anno di lavoro.

Se è obbligatoria la classificazione, delego la segreteria della scuola a dare lo stesso voto ad ogni alunno e per ogni materia”.

 Per approfondire l’argomento: http://www.centroalbertomanzi.it/scuolavissuta.asp

 

 

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