Come cambiare le cose?

lodi

San Giovanni in Croce – 11 ottobre 1951

“Questa terza maschile, per diversi motivi, è particolarmente difficile: gli alunni sono sovente distratti, non si interessano alle lezioni che preparo scrupolosamente, “dimenticano” di far firmare ai genitori le osservazioni sul comportamento, “dimenticano persino di acquistare i quaderni… – Che vuole, maestro, – mi dice qualche madre, – sono i frutti degli spaventi di guerra! – In compenso tengono in classe una disciplina passiva che mi sgomenta: fermi come statue, coi cervelli inerti, spesso non restituiscono nemmeno il sorriso. Forse hanno paura di me, perché quando voglio conversare con loro nei momenti di ricreazione, esaurite le notiziole superficiali, si chiudono in un gelido silenzio che non riesco a rompere. A volte, dalla finestra, li osservo quando escono sulla strada: oltrepassata la soglia è un libero volo, le bocche mute parlano e gridano: sono felici. Indubbiamente per questi ragazzi la scuola è sacrificio: il loro comportamento passivo lo dimostra. Ma quale è la causa? È facile attribuirla alla scarsa volontà e al carattere dei ragazzi; e forse altrove, ad esempio nell’organizzazione della scuola stessa? Tanto nella società come nella scuola (che è una piccola società di scolari, obbligati a vivere insieme per diversi anni) credo che non si possano essere che due modi di vivere: o la sottomissione a un capo non eletto, oppure un sistema in cui la libertà di ognuno sia rispettata, condizionata solo dalle necessità di tutti.
Il paternalismo, nella società degli adulti come nella scuola, non è che una forma insidiosa dell’autoritarismo che concede una finta libertà. Se la scuola non deve soltanto istruire, ma anche e soprattutto educare, formando cioè il cittadino capace di inserirsi nella società col diritto di esporre le proprie idee e col dovere di ascoltare le opinioni degli altri, questa scuola fondata sull’autorità del maestro e la sottomissione dello scolaro non assolve al suo compito perché è staccata dalla vita.
Ma come cambiare? Con quali mezzi?”.

Mario Lodi, C’è speranza se questo accade al Vho, Piccola Biblioteca Einaudi, 1972

 

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