Gli albori del Metodo Naturale in Italia: l’esperienza del maestro Mario Mazza

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mazza copChe sorpresa trovare in un mercatino, in mezzo a tanti vecchi libri, un “pezzo” davvero interessante che calza a pennello con quello che si sta facendo!!!!

A cominciare dal titolo: “Il metodo naturale nella prima classe. Leggere, scrivere, esprimersi” … Il Metodo Naturale… , proprio quello che ho scelto per i miei alunni e che pratico ormai da anni???

Non posso lasciarlo lì! Lo compro subito, impaziente di arrivare a casa e iniziare a sfogliarlo. E così faccio: lo divoro immediatamente in cerca di riferimenti e soprattutto di riscontri col mio modo fare scuola… Li trovo!

Il volumetto, che sa un po’ di umido e di cantina, è stato scritto da Mario Mazza nel 1949 ma l’edizione che ho tra le mani è del 1963. Mi accorgo subito che vengono citati Lombardo Radice e Decroly e capisco che si tratta del Metodo globale. Perciò non proprio quello che pratico ormai da anni nelle mie classi, ispirato al pedagogista francese Celestin Freinet. Nonostante questo, leggendolo trovo molte attinenze e molti passaggi significativi nel racconto di quest’esperienza condotta nei primi anni ’40 dallo stesso autore presso la scuola Che sorpresa trovare in un mercatino, in mezzo a tanti vecchi libri, un “pezzo” davvero interessante che calza a pennello con quello che si sta facendo!!!!

A cominciare dal titolo: “Il metodo naturale nella prima classe. Leggere, scrivere, esprimersi” … Il Metodo Naturale… , proprio quello che ho scelto per i miei alunni e che pratico ormai da anni???

Non posso lasciarlo lì! Lo compro subito, impaziente di arrivare a casa e iniziare a sfogliarlo. E così faccio: lo divoro immediatamente in cerca di riferimenti e soprattutto di riscontri col mio modo fare scuola… Li trovo!

Il volumetto, che sa un po’ di umido e di cantina, è stato scritto da Mario Mazza nel 1949 ma l’edizione che ho tra le mani è del 1963. Mi accorgo subito che vengono citati “Leopoldo Franchetti” di Roma.

Ritrovo un modello di “fare” scuola simile a quello di Mario Lodi e in qualche misura, anche se molto più modestamente, al mio. Ritrovo il bambino messo in primo piano e un tipo di didattica in cui vengono considerate e valorizzate le sue esperienze. Un modello di aula predisposto ad accogliere, ma anche e soprattutto a stimolare i bambini ad apprendere. Si parla di banchi, che allora erano inchiodati a terra, e di cattedre non sul piedistallo ma messe da parte per lavorare al fianco dei propri alunni. Per un attimo penso alla mia classe: la cattedra è qualche anno che non fa più parte dell’arredamento dell’aula… mazza cl

Mi fa piacere leggere che:

“La classe migliore è quella che ha il minor aspetto scolastico, quella dove i bambini hanno spazio sufficiente per muoversi, senza essere impediti da un numero eccessivo di banchi, l’aula dove possono sedere anche a due o a quattro intorno allo stesso tavolo”.

E qui ho ritrovato le mie “isole”, dove i bambini siedono in gruppo e lavorano in modo cooperativo. E ancora:

“I banchi allineati su due o tre file sono stati inventati per sopperire alle deficienze della scuola e non a vantaggio degli scolari. (…) Molti maestri non si sentirebbero più a loro agio se non fosse loro possibile vedersi innanzi quelle ben allineate file di visi, tutti rivolti verso la cattedra”.

mazza ghMazza parla poi degli esercizi di “allenamento della mano”, oggi si chiama “attività di pregrafismo”… “Alla “Franchetti” si usano con buoni risultati i disegni a ricciolini. Nell’eseguire la linea sinuosa, la mano compie un gesto ritmico che ne facilita meccanicamente il movimento e conferisce uniformità alle anse delle curve”. E poi l’uso dei fogli a quadrettini grandi, le schede di lavoro, gli esercizi di ricomposizione delle parole…

Dal capitolo “Grafismo prima, calligrafia poi” mi piace riportare alcune osservazioni riguardo alla libertà d’espressione grafica che veniva data al bambino e che ancor oggi è una delle basi del lavoro iniziale:

“L’interesse della maestra conferirà valore massimo alla produzione del bimbo e ai suoi tentativi d’espressione. E intanto le manine si attrezzano, cioè acquisiscono scioltezza, padronanza di mezzi, capacità di coordinazione delle linee”.

mazza foglioDopo le linee guida del Metodo, la seconda parte è dedicata all’esperienza diretta con i bambini. Qui sono riportati interessanti esempi di attività e tanti disegni con i diversi lavori. La scrittura è in corsivo, lo stesso carattere usato da Freinet, ma l’evoluzione delle conoscenze, le scoperte giornaliere e il procedere per tentativi fino ad arrivare alla padronanza della scrittura mi riportano al lavoro dei miei bambini.

È un peccato doversi fermare, ci sarebbe ancora molto da dire sulle tante attinenze riscontrate in un libro “quasi settantenne”, anche se per me così attuale.

La speranza è di suscitare un po’ di interesse in più verso quello che oggi viene anche definito “un Metodo non Metodo” e che ho adottato perché lascia i bambini liberi di scoprire la lettura e la scrittura nel rispetto dei loro naturali tempi di evoluzione e di apprendimento.

Il testo del maestro Mario Mazza all’epoca aveva destato grande interesse, tanto che lui stesso nella prefazione alla quarta edizione dice che “dopo le prime reazioni più o meno cordiali e composte, abbiamo assistito al calmo e graduale lavoro di conquista e di sviluppo delle nostre tesi fondamentali”.

“Il metodo naturale uscito da quella bella scuola (si riferisce alla “Franchetti” di Roma), che è stata davvero una indimenticabile officina di buoni pionieri, sta facendo intanto da solo la più radicale delle riforme scolastiche, perché, a parte gli ordinamenti e i programmi, la riforma delle riforme è senza dubbio quella di saper far scuola meglio”.

 

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