La corrispondenza interscolastica

lettera-a-brunaDalle teorie pedagogiche alla pratica didattica

Da quando ho iniziato il percorso di sperimentazione didattica ed educativa “Insieme per un futuro più equo”, nelle mie classi ho approcciato – seppur con una certa gradualità – le varie tecniche e pratiche del Metodo Naturale ispirato alla pedagogia di Celéstin Freinet. Una tra queste è la “corrispondenza interscolastica”, utilizzata dal “maestro” di Saint Paul de Vence – ma anche da Bruno Ciari e da Mario Lodi – per ovviare, all’epoca, soprattutto all’isolamento culturale e sociale degli studenti di campagna.

Dal mio punto di vista, invece, vale la pena coltivare ancora oggi questa pratica per un’altra ragione: quella, cioè, di stimolare la redazione di testi liberi che favoriscano lo scambio di pensieri, idee e fatti. La comunicazione tra pari – rispondere, per esempio, alla lettera di un coetaneo –  è un grande stimolo per imparare a decifrare e comprendere. E quindi a scrivere. Come teorizzava il pedagogista francese, in questo modo gli alunni vengono messi nella condizione di diventare protagonisti e produttori delle loro conoscenze, di scambiarsi esperienze personali, di stringere amicizie a distanza.

La cooperazione e il lavoro di gruppo sono il punto focale delle tecnica di Freinet, che li considera elementi costanti

“e presenti in tutti i livelli e in tutte le tecniche egualmente basate sul presupposto della collaborazione, dello scambio, del dialogo fra gli esseri umani[1].

La cooperazione risulta ancor più fondamentale e facilita la corrispondenza scolastica quando –  insieme – si deve pensare e successivamente elaborare la risposta ad una lettera ricevuta. Nella mia classe, dove da anni le provenienze sono tra le più varie, ho cercato di “esportare” questa attività veicolandola non solo verso altre città italiane ma anche verso Paesi molto lontani dal nostro. In questo caso la corrispondenza è stata utilizzata come iniziativa didattica di scambio e ha favorito la circolazione di informazioni, documenti, testi in dialetto o in una lingua diversa dalla propria.

lettereIn una classe multiculturale e dalle tante sfumature come la mia, tutto questo ha portato ad un ampliamento del punto di vista dei singoli bambini, ha stimolato la curiosità verso le culture “altre” facilitando al tempo stesso anche il superamento degli stereotipi. La corrispondenza ha visto, oltre alla preparazione delle lettere, anche l’elaborazione e la creazione di una serie di materiali accessori che hanno agevolato una maggiore conoscenza e permesso di trovare più punti di contatto con gli “amici di penna”. E così le nostre lettere da un po’ di tempo a questa parte contengono anche il giornalino di classe[2] – altro elemento caratterizzante le tecniche di Freinet –, fotografie e video di presentazione della scuola e dei singoli alunni.

Tutte queste attività sono risultate importanti perché hanno permesso ai bambini di familiarizzare con le diverse realtà degli “altri” e di arricchire di stimoli la loro curiosità. Infatti, come afferma Christian Alix,

“il ruolo dell’insegnante è non solo trasmettere informazioni, ma aiutare gli studenti e il gruppo ad imparare insieme. Non è colui che sa tutto, ma piuttosto uno che aiuta a scoprire, a costruire significati, a comprendere situazioni[3]”.

Poco alla volta, ricevendo periodicamente le lettere – in qualche caso addirittura dei pacchi! – si sono consolidati rapporti di confidenza e di amicizia. E l’emozione di utilizzare la corrispondenza cartacea anziché quella digitale, nonostante le difficoltà legate ai lunghi tempi di attesa della prima, ha sviluppato ancor più l’empatia.

scrittura-lettereCon queste modalità, essenzialmente giocose e gradite da tutti i bambini, sono riuscita a proporre contemporaneamente varie tipologie testuali: partendo dal testo libero di scuola freinettiana siamo passati all’uso creativo della scrittura fino ad arrivare a quello funzionale. Un modo di scrivere che è partito inizialmente dal mero aspetto informativo e diaristico, senza però perdere di vista l’importanza delle funzioni tecnico-produttive, sintattiche ed ortografiche; fino ad acquistare una forte valenza educativa nel momento in cui ho richiesto ai bambini la condivisione dei loro testi scritti. La corrispondenza ha inoltre fatto sì che anch’io potessi stringere rapporti con docenti che operano in realtà educative spesso molto diverse dalla mia e con i quali c’era solo una conoscenza superficiale. Come dice Aldo Pettini, questa pratica didattica non deve riguardare solo i bambini, ma deve coinvolgere anche gli insegnanti in modo che

“le classi corrispondenti riescano veramente a compenetrarsi[4]”.

Un’attività, quindi, che col passare del tempo è diventata il motore per un intenso scambio di esperienze didattiche e di confronto pedagogico.

Nelle mie classi le corrispondenze sono state e continuano ad essere sia individuali – ognuno ha un “amico di penna” fisso – che collettive, soprattutto nel caso di non omogeneità del numero di alunni. Scrivere e rispondere alle lettere ha comportato nei bambini un’assunzione di responsabilità nei confronti dell’altro perché, come sostiene Andrea Canevaro,

“scriversi è un impegno[5]”.

E questo i miei alunni lo hanno capito pienamente.

[1] Aldo Pettini, Celestin Freinet e le sue tecniche, La Nuova Italia, 1973, (pp. 132 -133)

[2] http://www.angelamaltoni.com/giornalini-di-classe/

[3] Costanza Cucchi, Scambi scolastici: Dalla promozione alla valutazione, Educcat, 2014 (pag. 98)

[4] Aldo Pettini, Celestin Freinet e le sue tecniche, La Nuova Italia, 1973 (pag. 132/133)

[5] Movimento di Cooperazione Educativa, Freinet : Dialoghi a distanza, la Nuova Italia Editrice, Firenze, 1997 (p.131)