Metodo Naturale

Leggere e scrivere con il “Metodo” di Celestin Freinet

freinetCelestin Freinet, pedagogista francese vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900, pensava e sosteneva che il bambino è in grado di apprendere la lingua scritta in maniera “spontanea”. Così  come il linguaggio orale si sviluppa fin dalla più tenera età in maniera naturale e grazie ai modelli offerti dal mondo circostante, allo stesso modo – secondo il pedagogista – avviene per la lingua scritta. La costruzione del linguaggio si può paragonare alla costruzione di un muro. Ogni progresso, rappresentato da un nuovo significato, corrisponde ad un mattone che va a consolidare quello messo precedentemente.

Lo psicologo Jerome Bruner per spiegare la genesi di tale abilità si ispira alla teoria dello sviluppo cognitivo e linguistico di Lev Vygotskij e critica la posizione di Jean Piaget sul ruolo marginale dell’esperienza sociale dell’apprendimento. Per Bruner deve esistere un sistema di supporto per l’acquisizione del linguaggio, corrispondente al ruolo dell’adulto e del contesto sociale nell’accompagnamento  del bambino nel mondo del linguaggio. Questo viene supportato oggi dagli studi sul S.E.S., cioè sull’influenza dello status socio-economico e sociale nell’acquisizione di un codice più o meno elaborato.

Il bambino è intrinsecamente motivato ad apprendere il linguaggio orale in quanto desideroso di comunicare con gli altri esseri umani. Spinto da questa motivazione – afferma Bruno Ciari nel libro “Le nuove tecniche didattiche” a “manifestare se stesso in molteplici forme, compresa quella del linguaggio”, impara gradualmente e senza sforzo a padroneggiarlo, procedendo per tentativi sperimentali.

Freinet, nel suo libro “Le tecniche di vita”, afferma che il bambino apprende la lingua scritta in modo del tutto “naturale” procedendo per tentativi, imitando modelli proposti e soprattutto spinto da una grande motivazione: “dobbiamo convincerci del fatto” – sostiene –  “che il bambino non è affatto terra vergine che attende le maestranze, ma un complesso di una vita ricca e tumultuosa, un torrente che non è che la sua origine, ma che reca in sé tutte le promesse del suo avvenire”. Secondo il professor Bernard Schneuwly, esperto di didattica della lingua, “le origini del linguaggio scritto si trovano in numerose pratiche quotidiane e per il suo apprendimento è soprattutto importante la fase definita “preistorica” della scrittura, quando prima ancora di capire il meccanismo di scrivere il bambino tenta di elaborare un suo metodo partendo dal disegno, fino a dare senso ai segni che trova diffusi ovunque”.

metodo1La prima fase del lungo processo che porta il bambino alla padronanza della scrittura è quella in cui inizia a cercare di tracciare segni grafici su un foglio. In un primo momento non è in grado di tracciarli “volontariamente” ma si direbbe piuttosto che siano il risultato del movimento del suo corpo, non ancora in grado di far corrispondere un gesto coordinato ad un pensiero. Quando ad un gesto segue un risultato piacevole, soddisfacente, tende a ripeterlo, secondo la legge del tentativo sperimentale. Ed è proprio procedendo in questo modo, rinforzando i comportamenti che portano a risultati gratificanti, che il bambino affina la propria tecnica, partendo da un gesto casuale per giungere ad uno intenzionale. Inoltre anche bambini della stessa età – come afferma la pedagogista Maria Luisa Pollam – “in base anche alla loro esposizione alla lingua scritta, possono trovarsi a livelli diversi di concettualizzazione. L’obiettivo ovviamente non è quello di anticipare, ma di favorire tale processo attraverso la creazione di un ambiente stimolante e l’attivazione di proposte che tengano conto di quella eterogeneità cognitiva che i bambini di una classe esprimono”.

Ed è proprio grazie al susseguirsi di tentativi che il bambino arriva a realizzare i primi disegni veri e propri, rappresentanti figure, luoghi e personaggi. Celestin Freinet nel suo libro “L’apprendimento della lingua secondo il metodo naturale” sostiene che, siccome il bambino arriva a padroneggiare la propria tecnica di disegno solo intorno ai sette-otto anni, fino a quell’età egli proceda per tentativi, aggiustando le sue esperienze e ripetendo i tentativi riusciti. Gli esiti delle sue rappresentazioni grafiche sono difficilmente corrispondenti agli intenti e “solo quando sarà sicuro della matita il bambino potrà parlare di sé col disegno”. In questo stadio sono generalmente l’espressione verbale e l’interpretazione ad adattarsi all’espressione grafica, e non viceversa. Questo fa sì che grafismi analoghi possano essere interpretati in maniera diversa a seconda delle necessità espressive del momento.

I primi grafismi non scaturiscono da un bisogno di comunicare, che è già soddisfatto attraverso altri canali più immediati, ma dal semplice desiderio di imitare un modello e di sperimentare. Così il bambino è convinto che i lettori decifrino sulla carta non l’intento comunicativo di qualcun altro, ma qualcosa che è già dentro di loro. Freinet parla di questa fase sostenendo che “il bambino salirà naturalmente dallo scarabocchio al disegno, poi all’imitazione dei segni grafici delle parole e delle lettere, utilizzando parole e segni per sviluppare, a livelli sempre più complessi, l’esperienza per tentativi che perfezionerà l’espressione”.

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Arriva però un momento in cui il bambino, sotto la spinta dei modelli ambientali, comincia a notare la differenza esistente tra il disegno e la scrittura ed inizia ad operare una prima differenziazione tra di essi. In questa fase il ruolo dell’adulto è fondamentale, ed è importante che il bambino abbia a disposizione un gran numero di modelli ai quali ispirarsi, che siano il più perfetti possibile. In queste prime fasi di differenziazione, generalmente, il testo scritto accompagna e specifica il contenuto dei disegni. La psicologa Cristina Zucchermaglio dice che “imparare a scrivere non può essere considerato un processo discontinuo, un brusco passaggio da un non sapere al sapere. (…) Quando a scuola i bambini vengono esposti per la prima volta ad un’istruzione formale, si trovano in qualche punto di un’evoluzione cominciata molto tempo prima”.

metodo A questo livello i tentativi di scrittura non hanno alcuna analiticità ma sono spesso semplici scarabocchi. Possono essere, ad esempio, simili ad ondine se il modello seguito è il corsivo, cerchietti più o meno grandi se il modello è lo stampato, sia maiuscolo che minuscolo, e andranno via via perfezionandosi sulla base di vari tentativi. Successivamente, la scrittura inizia a svincolarsi dal disegno, acquisendo la sua autonomia di forma espressiva. In quel momento diventa necessario che inizi a comprendere il valore comunicativo della scrittura e che inizi a percepirla come uno strumento utile ad esprimere le proprie intenzioni, i propri desideri e il proprio pensiero. Freinet, sempre riferendosi all’apprendimento della lingua scritta, scrive “per l’impiego di questo mezzo non naturale di espressione, bisogna dunque trovare una motivazione particolare che lo renda necessario. Ed è per non aver scoperto questa motivazione che la scuola ha dovuto insegnare dall’esterno e con la costrizione – o il gioco – una tecnica di cui il bambino non sente per nulla la necessità vitale”. Ed è proprio dalla necessità di motivare l’apprendimento della lettura e della scrittura che traggono la loro forza le tecniche proposte dal pedagogista francese: la tipografia scolastica, il testo libero, la corrispondenza interscolastica e il giornalino scolastico. Quando il bambino scopre l’utilità comunicativa della lingua scritta inizia a cimentarsi in tentativi di scrittura destinati a qualcuno e questo lo porta ad un progressivo affinamento delle proprie competenze scrittorie e a comprendere la necessaria convenzionalità della scrittura. I primi grafismi sono di natura globale, ma piano piano iniziano ad emergere i primi segni differenziati. Il bambino può trovare utile e gratificante imitare modelli di parole e frasi, e questo gli permette di perfezionare la propria tecnica. Solo una volta conseguita la padronanza tecnica il bambino inizia a riflettere sul rapporto esistente tra forma e significato e comincia a rendersi conto della presenza di alcune forme ricorrenti e ad intuire che il sistema della scrittura è governato da regole stabili. Da questo momento l’interpretazione non segue più l’espressione grafica e la scrittura ma inizia a precederle e a indirizzarle. Il bambino si serve delle parole di cui conosce la scrittura, che vanno via via aumentando, per riflettere sulla lingua, per formulare le prime ipotesi e per costruire le proprie strategie di lettura e di scrittura. “Ciò che il bambino ha imparato, ciò che si è incorporato nel suo divenire, gli strumenti e le tecniche che gli danno potenza” – afferma Freinet – “li abbandona solo quando è sicuro di aver qualcosa di meglio, già provato, che praticamente elimina il comportamento superato. Nel corso dell’evoluzione che segue, vedremo incessantemente nuove acquisizioni aggiungersi alle prime conquiste, integrarvisi o giustapporsi in modo più o meno logico”. Nella concezione di Freinet, per l’apprendimento della lettura e della scrittura non sono necessarie lezioni formali ma “sono sufficienti un ambiente che aiuti e l’esperienza per tentativi”. Paul Le Bohec e Bruna Campolmi nel libro “Leggere e scrivere con il Metodo Naturale” si pongono alcune interessanti domande e affermano che “l’alfabeto è una straordinaria scoperta umana e alfabetizzare è un’operazione sociale per eccellenza. Ma che vuol dire alfabetizzare? Far semplicemente entrare nella memoria la corrispondenza segno-suono? O è qualcosa di diverso?”.

inventiamo una storia.. FATIMA

La forza del metodo proposto da Celestin Freinet sta nel suo inserirsi nel “processo vitale” del bambino, senza richiedergli sforzi eccessivi, ma limitandosi a garantire un ambiente di apprendimento che sia sufficientemente ricco e stimolante. Per favorire l’apprendimento della scrittura, il pedagogista introduce l’uso della tipografia come espediente che permette di esercitarsi nella scrittura e di produrre testi autonomi, aggirando le difficoltà legate all’atto tecnico dello scrivere. Nel 1957 su “Il Giornale scolastico” dice che “il bambino racconta e scrive liberamente quel che prova; egli sente il bisogno di esprimersi, di esternare, di comunicare ai suoi amici o ai suoi corrispondenti. L’espressione libera del bambino si trova automaticamente socializzata grazie alla motivazione che offrono il giornale scolastico e la corrispondenza. Ormai il bambino non scrive più solo ciò che interessa a lui, egli scrive ciò che è suscettibile di attirare l’attenzione degli altri”. Inoltre, continua, “le classi tradizionali, basate su regole uniformi e su una tradizione scolastica, si somigliano tutte, nella disposizione dei banchi, nella presenza della cattedra, nel modo con il quale i bambini tengono i quaderni, nella pratica e nel contenuto dei compiti e delle lezioni”. “(…) Una scuola deve essere vivente, naturale continuazione della vita della famiglia, del villaggio, dell’ambiente, quindi ricerca di un metodo integrato alla vita”.

metoLa “tipografia scolastica” permette di stampare su carta i testi dei bambini, trascritti utilizzando i caratteri di piombo. I testi, per poter essere stampati, dovevano essere composti scegliendo accuratamente i caratteri di piombo necessari. Questo procedimento di scomposizione e ricomposizione permette loro di fare un lavoro di analisi dei testi e delle parole e quindi di familiarizzare con la struttura alfabetica della lingua scritta.

Il pedagogista ritiene che la lettura vada appresa contestualmente alla scrittura e che debba derivare da un’attività di significazione di testi, percepiti come importanti. Le due attività infatti sono legate da un flusso circolare di continui rimandi dall’una all’altra: dalla scrittura ai corrispondenti alla lettura delle risposte, passando per la scrittura dei testi liberi e la loro lettura collettiva. Ciò non toglie che nella pratica didattica vadano considerate come due momenti distinti perché presentano processi di sviluppo differenti.

2Nella visione di Freinet il bambino, utilizzando strategie di vario tipo, esercitandosi nella scrittura e usufruendo liberamente di materiale scritto di genere diverso, inizia a riconoscere un numero sempre maggiore di parole e infine, senza nemmeno rendersi conto dello sforzo compiuto, scopre di saper leggere. Descrivendo il momento in cui Bal ha scoperto di saper leggere, Freinet osserva: “Tutto in una volta, senza passare per la fase scolastica della lettura di segni che non si capiscono, siamo pervenuti al reale significato della lettura, che non è sterile esercizio di fonetizzazione di segni scritti a mano e stampati, ma riconoscimento del pensiero espresso mediante questi segni”. Freinet mette in guardia dall’eccessiva attenzione riservata dai metodi scolastici tradizionali alla fonetizzazione, in quanto ritiene che abitui i bambini a leggere senza capire, anteponendo il processo di “meccanizzazione” a quello di comprensione. Parla invece del “principio di motivazione, l’elemento più importante della didattica operativa, che si snoda su due fronti: quello dell’insegnante che deve agire consapevolmente ed avere consapevolezza del fine e quello dell’alunno che deve, gradualmente, riuscire ad acquisire tale consapevolezza”. L’apprendimento naturale della lettura e della scrittura deve avvenire in un contesto di comunicazione e cooperazione tra allievi, i quali, lavorando in coppie ed in gruppo, si aiutano vicendevolmente e si scambiano le strategie utilizzate per la decifrazione e la produzione dei testi. Il materiale principale su cui si fonda l’apprendimento della letto-scrittura è il testo libero che viene prodotto autonomamente dai bambini e poi messo a punto collettivamente. Ogni giorno la classe sceglie, fra i vari testi prodotti dai bambini, quello ritenuto più interessante. Il testo scelto viene poi corretto collettivamente, perfezionato e stampato su un cartellone che verrà appeso al muro e che fungerà da modello per le produzioni successive. Osservando i testi prodotti dalla classe, ciascun bambino potrà comprendere la struttura delle frasi e delle parole. Potrà iniziare a riflettere su di esse, a scomporle e a ricomporle per formare nuove parole e frasi. Il metodo naturale di Freinet generalmente viene collocato nella categoria dei metodi globali in quanto parte dall’esigenza comunicativa del bambino, che si esprime nel testo libero, orale e scritto. Alla percezione globale Celestin Freinet affianca quasi immediatamente i momenti dell’analisi e della sintesi, grazie all’utilizzo della tecnica della tipografia scolastica.

Ma allora, qual è il migliore metodo per insegnare a leggere e a scrivere?

“Un buon metodo non deve essere né esclusivamente globale né esclusivamente analitico; deve essere vivo, con un ricorso equilibrato e armonioso a tutte le possibilità che il bambino porta con sé, ostinato nel superarsi,nell’arricchirsi,nel crescere”. (Celestin Freinet)